A Laveno un museo che è una macchina del tempo: «Qui si capisce come viviamo il pianeta. E come lo stiamo cambiando»

Intervista per VareseNoi, settembre 2024, con Claudio Ferretti


Laveno è famosa per il suo storico museo della ceramica situato in un angolo di paradiso a Cerro, ma ad arricchire ancora di più il suo patrimonio artistico e di design innovativo ci ha pensato Frank Raes, scienziato belga con una lunga esperienza come climatologo presso il Centro Comune di Ricerca di Ispra, creando un museo del tutto particolare: il Museo delle Tecnologie dell'Antropocene in località Mombello in via per Leggiuno. Proviamo a scoprire insieme a lui quello che si può capire davvero visitando il museo.

 
Come è venuta questa idea inusuale?
Per anni come climatologo ho fatto ricerche sul clima e tutte le sue evoluzioni. Mi sono profondamente reso conto di come l'umanità, una piccola parte dell’umanità per essere preciso, sta cambiando il nostro pianeta in una direzione pericolosa. Ho tenuto conferenze un po' dappertutto nel mondo in diversi ambiti scientifici e istituzionali e negli ultimi vent’anni anche nelle scuole o per le associazioni del nostro territorio. Ma siccome corre una vena artistica in me, volevo anche trasmettere qualche messaggio tramite oggetti di design che ho realizzato, raccolto e collezionato negli anni, volevo destare curiosità e stupore e riflessioni al visitatore su come stiamo vivendo su questo nostro pianeta e su come lo stiamo effettivamente cambiando.
Il museo, che nasce come una simbiosi tra una galleria d’arte e un museo scientifico, è un mezzo per trasmettere emozioni, sensazioni e spunti di dialogo dove ognuno sarà poi libero di dare il proprio giudizio, per trovare forse un modo migliore per vivere sul pianeta, tra di noi e con il resto della natura.

 
È un messaggio rivolto soprattutto alle nuove generazioni?
Il futuro sono loro, ma la responsabilità dei grandi cambiamenti, per esempio quelli climatici, ce l’abbiamo noi adulti. Saranno le nuove generazioni a dover cambiare il modo di vedere e di vivere il mondo, e noi possiamo ancora dare una mano. È quindi bello vedere arrivare classi delle scuole superiori del nostro territorio e dei centri limitrofi a visitare il museo. Chiedo a loro di spostarsi nel futuro, nell’anno 52024, per guardare indietro all’epoca intorno all’anno 2000, e chiedo di provare a capire, tramite gli oggetti nel museo, come si viveva in quest’epoca, che, appunto, viene chiamata l’Antropocene.
Per capire meglio il tutto bisogna tuffarsi in questo viaggio avanti e indietro nel tempo senza troppi pregiudizi ed i ragazzi hanno uno spirito libero in tal senso. Comunque vengono anche gruppi di persone di ogni età e nazionalità. Lo scopo è di riflettere su come viviamo su questo nostro pianeta, condividere queste riflessioni e dare un piccolo contributo a un nuovo racconto che va oltre i dualismi del pensiero moderno che sono alla base di tanti nei nostri problemi ambientali ma anche sociali. Dobbiamo per esempio andare oltre l’idea che l’umanità è separata dalla natura, oltre il racconto che la nostra tecnosfera non ha niente a che vedere con la biosfera; la verità è piuttosto il contrario.
 
Può spiegare cosa intende per Antropocene?
La storia della Terra, lunga 4,5 miliardi di anni, è divisa in epoche geologiche che sono spesso durate anche milioni di anni, e che sono separate da cataclismi naturali che hanno portato a l'estinzione di gran parte della vita sulla Terra. Secondo i geologi viviamo da diecimila anni nell'Olocene, ma diversi scienziati hanno iniziato a proporre l'idea che da qualche decennio siamo entrati in una nuova epoca, l’Antropocene, dove l'uomo stesso è responsabile per i vari cambiamenti sul pianeta, e non più i cataclismi naturali come impatti meteoritiche o terremoti. L’uomo stesso, l’Antropos, ha fatto in modo di produrre il cambiamento dei vari processi naturali della terra.

È un concetto molto astratto?

Sempre di meno. Le ondate di calore, l’intensificazione delle tempeste, le foreste che bruciano sono chiari segnali dell’impatto dell’umanità sulla terra e i suoi processi. Costringendo i nostri visitatori a spostarsi nell’anno 52024, li facciamo riflettere su come tutto questo possa finire. Ma quando poi escono dal museo, riscoprono che sono ancora nel 2024 e che, magari, possono cambiare il modo di stare in questo mondo, interagendo meglio con le regole della Terra.