Cambiamento Climatico: Scienza nella Cultura
(Presentazione fatta su invito e con l'aiuto di Francesca Caloni, Università degli Studi di Milano Statle, per il colloquio "Scienza Diffusa" al Digital Week 2021, Milano).
Ho pensato di condividere un paio di riflessioni sul ruolo della scienza nella società, dal punto di vista di un climatologo, che ha lavorato per la Commissione Europea nell’interfaccia tra la scienza pura e lo sviluppo delle politiche. E questa posizione, credo, mi ha, dato un punto di vista previlegiato per capire qualcosa su cosa riesce o non riesce a fare la scienza.
La scienza e la cultura generale.
Quello che ho imparato è che la scienza è molto importante e influente ma che non determina tutto, e di sicuro, non determina completamente le nostre vite. Ho imparato che la scienza fa parte di una cultura. - Non dico che i risultati scientifici vengono determinati da questa cultura (!), ma soltanto che fanno parte della cultura. E con cultura intendo l’amalgama di storie, narrazioni, teorie che raccontiamo per spiegare e giustificare come viviamo su questa terra, tra di noi e con il resto della natura. La cultura e una storia di cui facciamo parte, non come spettatori ma come attori. E’ la storia in cui ci sentiamo a nostro agio, sicuri e in grado di agire. E’ la cultura che determina le nostre vite, e la scienza è solo una parte di questa cultura. (Note 1)
Leggi umani, leggi naturali e superare i limiti imposti.
Siamo cittadini, ciò siamo individui e viviamo insieme ad altri individui all’interno di una società. Abbiamo dei diritti individuali e abbiamo anche dei doveri verso gli altri. E questi diritti e doveri sono descritti nei codici e nei costumi della società. Tutto questo è l’ambito politico-sociale in cui viviamo. Leggendo i giornali, sembra che questo ambito sia l’unico. Ma che lo vogliamo o no, viviamo anche in una realtà fisica, con le sue leggi naturali: quelli della fisica, della chimica, etc…. E’ impossibile vivere negando queste leggi. L’effetto di alcune di queste leggi è da sempre stato evidente. Quando una mela si stacca da un albero, cade sulla terra non vola in alto. La legge della gravità ci spiega che è la Terra che attira la mela, nello stesso modo in cui attira la Luna e la mantiene nella sua orbita intorno alla Terra.
Sembra che queste leggi naturali ci pongano dei limiti su cosa noi mortali possiamo fare: per causa della legge della gravità possiamo fare un salto di qualche metro ma poi torniamo nuovamente con i nostri piedi o con il nostro sedere per terra
L’umano sembra un essere animale che non ama molto i limiti, e quindi ha sempre cercato di superare questi limiti. Si è perfino messo a volare, per esempio. Deve essere chiaro, però, che non l’ha fatto negando la legge della gravità. Ha solo scoperto che esistono altre forze, le forze aerodinamiche, che possono contrastare le forze gravitazionale, e conoscendo bene queste due forze si è potuto sollevare dalla superfice della terra. (Nello stesso modo non risolveremo il cambiamento climatico negando l’esistenza dell’effetto serra. Si potrebbe provare a contrastare l’effetto serra riflettendo i raggi solari dalla Terra (geo-engineering). Comunque meglio ridurre le emissioni di gas serra che portano all’effetto serra.)Quindi, l’uomo supera i limiti e fa progressi tramite la ricerca e una migliore conoscenza. Questo può sembra ovvio nell’ ambito fisico-scientifico (e meno in quello politico-sociale …) ma rimane il fatto che anche nell’ambito scientifico nuove conoscenze hanno bisogno di tempi, a volte lunghi per diventare parte della cultura generale. (Nota 2). Un esempio. Galileo, padre del metodo scientifico ha confermato tramite delle osservazioni l’ipotesi di Copernico che la Terra gira intorno al Sole e non vice versa. Ci sono però voluti 200 anni prima che la Chiesa desse l’autorizzazione all’insegnamento della teoria eliocentrica e quindi l’autorizzazione alla diffusione di una conoscenza scientifica, che facesse parte della cultura generale. I motivi della chiesa erano chiari, e mostrano come la cultura stessa fosse di ostacolo alla diffusione di nuove conoscenze anche se provate e confermate.
Di nuovo la cultura è una grande narrazione che spiega e giustifica come viviamo su questa terra, e che ci permette di “funzionare”. Cambiare una cultura è quindi difficile, anche con dati scientifici, perché ci chiede di funzionare in un altro modo. L’ultima volta che si è avuto un cambiamento nella cultura era proprio nel rinascimento quando, da questa parte del mondo, siamo passati dal pensiero medioevale al pensiero moderno. Il rinascimento è durato 150 anni…
Dalla cultura del locale alla cultura del globale.
Finora abbiamo parlato solo di sistemi molto semplici, come la mela che cade da un albero, la Luna che gira intorno alla Terra, la Terra che gira intorno al Sole. Tutti fenomeni che vengono spiegati da questa unica legge della gravità. Eppure ci sono voluto 200 anni per far arrivare queste conoscenze dentro la nostra cultura e per permettere che queste conoscenze cambiassero questa stessa cultura.
Adesso parliamo del sistema clima, che è mille volte più complicato del sistema solare, e quindi possiamo immaginare quanto è difficile trasmettere alla nostra cultura quello che la scienza ha da dire del cambiamento climatico (Nota 3). La scienza dice 1) che a causa delle nostre attività non solo industriali, stiamo aumentando la concentrazione di gas serra nell’atmosfera 2) che un aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera porta a un surriscaldamento globale, con effetti possibilmente devastanti per umani e non umani.
Sono due affermazioni che sono radicate nelle leggi della fisica e che sono oramai dimostrate, confermate dalle osservazioni. Eppure non sono ancora arrivate a far parte della nostra cultura; gran parte delle persone non cambiano pensiero o comportamento di fronte a queste affermazioni.
Le due affermazioni, cioè che le nostre attività locali hanno un effetto globale, è difficile di capire. E se dico capire non intendo in un modo razionale solo con la testa, ma una comprensione con la testa, la pancia e il cuore: una comprensione che guida concretamente la nostra vita. Capiamo facilmente che le nostre azioni locali hanno effetti locali. Ma è molto più difficile capire che guidare una macchina qui a Milano, contribuisce all’effetto serra (Nota 4), che porta a un riscaldamento globale che poi si manifesta anche tramite un tempo meteorologico più estremo in tutto mondo.
Ci sono almeno due ragioni per cui una tale comrensione è difficile . La prima dipende da come siamo fatti noi. L’Uomo Sapiens esiste da 200 mila anni. Durante i primi 190 mila anni ha vissuto in una piccola tribù di cacciatori e raccoglitori e doveva pensare solo alla sopravvivenza della sua tribù. Solo negli ultimi 10 mila anni ha cominciato a organizzarsi in popoli, a costruire citta, a fare commercio e ha avuto una visione un po' più ampia del suo mondo. Ma è solo negli ultimi 50 anni che siamo chiamati a “pensare globalmente”: pensare ad esempio alle conseguenze delle nostre azioni su una bambina che deve ancora nascere dall’altra parte del mondo. Ma il nostro cervello non è (ancora) sviluppato per pensare in questo modo, in fondo siamo ancora i cacciatori-raccoglitori, come siamo stati per almeno 95% della nostra esistenza. E quindi di fronte a problemi che vanno molto oltre alle nostre realtà locali, e che riguardano il mondo intero, la nostra mente tende a spegnersi ed a staccarsi. Gli psicologi lo chiamano “dissonanza cognitiva”.
La seconda ragione è proprio la nostra cultura moderna e consumistica che ci fa credere che l’uomo è separato dalla natura, che noi non dobbiamo preoccuparci troppo dalla natura e che la tecnosfera che abbiamo creato, e in cui oramai viviamo, non ha niente a che vedere con la biosfera o l’atmosfera. Ma se è questo che ci fa credere la nostra cultura, come possiamo essere sensibili per un Pianeta che sta soffrendo in tutte le sue parti: la sua atmosfera e i sui oceani inquinati, le sue foreste dimezzate, il suo clima impazzito, la sua biodiversità in declino.
E se non siamo sensibile a queste cose, come possiamo capire che le nostre azioni locali hanno delle conseguenze globali.
Si potrebbe dire che l’affermazione: ”Le nostre attività locali hanno degli effetti globali” è rivoluzionaria come l’affermazione di Galileo quando affermava “la Terra gira intorno al Sole” (Nota 5). Copernico e Galileo, con la loro teoria e le loro osservazioni, hanno cambiato il modo di vedere la realtà e hanno cambiato paradigma. Adesso, anche la climatologia degli ultimi decenni sta cambiando paradigma: sta dicendo che non è vero che la Natura è grande e l’uomo è piccolo, non è vero che le nostre attività non possono in nessun modo avere un impatto sulla Natura. Oramai è chiaro che il nostro fare, la nostra tecnologia, l’insieme di miliardi di attività locali hanno assunto una tale forza che riescono a cambiare i processi terrestri al livello globale.
Cambiare cultura: parlando di essa e di noi stessi.
Per combattere il cambiamento climatico ci vorrà non solo una rivoluzione tecnologica, ma anche una rivoluzione culturale. O meglio ancora la rivoluzione tecnologica dovrà far parte di una più ampia rivoluzione culturale: un secondo rinascimento.
Come cambiare la cultura? Se la cultura è un “amalgama” di storie, allora bisogna raccontarla, e bisogna raccontare come cambia e come potrebbe cambiare. Bisogna soprattutto raccontare con passione. In un'altra presentazione (vedi qui), mostro come ho parlato del cambiamento climatico durante gli ultimi 20 anni. Cosa che ho imparato in questi 20 anni e che ognuno di noi, soprattutto coloro che parlano del cambiamento climatico, devono sapere, sentire perché riteniamo che il cambiamento climatico è un problema che deve essere affrontato. La passione sta nell’avere questa raggione. Ciascuno di noi può avere una ragione diversa. Può essere perché lo dice la scienza, perché siamo preoccupati per il futuro, perché è un problema etico, perché porta a benefici per la qualità della vita in generale, perché offre benefici economici, nuovi tipi di lavoro, perché siamo stanchi di una vita consumistica, etc. Le motivazioni possono essere tante ma dobbiamo fare nostra almeno una di queste ragioni e soprattutto dobbiamo parlarne con gli altri.
Allora, finisco raccontando perché sono ancora qui a parlare del cambiamento climatico.
Fino a cinque anni fa, la ragione era del tutto razionale: sono un climatologo, capisco come funziona il sistema clima, capisco come lo stiamo cambiando in una direzione pericolosa, sappiamo quali possono essere le soluzioni e quindi perché non facciamo qualcosa? Quindi un racconto molto logico, un po' alla Al Gore. Ma devo ammettere che, interiormente, non mi trovavo del tutto convincente. Poi cinque anni ho fatto una camminata in montagna e da lontano ho visto questo Ghiacciaio, il Ghiacciaio del Forno.Un ghiacciaio che 30 anni fa aveva una altezza di 80 m., adesso solo 10. Poi mi sono avvicinato perché volevo toccarlo. Ho toccato il ghiaccio, ho visto e sentito l’acqua che gocciolava tra i seracchi e d’un tratto questa mole di giaccio mi è sembrato un essere vivente, una enorme balena stesa sul fondo di questa valle, una balena che stava morendo. E sentivo che questo non era giusto. Chi siamo noi, uomo sapiens che con il nostro comportamento possiamo far sparire ghiacciai, foreste, animali …Era un sentimento molto forte che mi ha poi fatto riflettere sugli aspetti etici del cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico è un problema etico
Chi siamo noi, della mia generazione che possiamo compromettere il futuro dei giovani? Chi siamo noi, nella parte ricca del mondo che possiamo rovinare vite nella parte povera del mondo? Chi siamo noi, Homo Sapiens, che possiamo rovinare foreste, uccidere animali, ..?
L’etica fa ovviamente parte della cultura. L’etica riguarda non sola il clima fuori di noi ma anche l clima dentro di noi. L’etica è forse quella che ci rende profondamente umani.
Note
1 – La scienza può mettere ordine nell’”amalgama” di storie che è la cultura, ma questo non è da scontato. Quando un cittadino vuole dedicarsi a una problematica come il cambiamento climatico, se vuole saperne qualcosa in più, viene spesso bombardato con numeri, grafici, rapporti scientifici, etc. Nel caso della pandemia COVID-19 è ancora peggio, perché è tutto più concentrato nel tempo. Ci dobbiamo veramente chiedere se tutti questi dati arrivano poi al loro scopo, cioè se alla fine risultano in azioni necessarie per gestire i cambiamenti climatici o per combattere il virus. O, se invece, esiste il rischio di creare più confusione, o una certa stanchezza nei confronti dei dati scientifici e della scienza stessa
2 – E’ solo fantastico, che l’uomo sia riuscito a scoprire le leggi naturali. “Scoprire” è la parola giusta: togliere il coperchio. Perché le leggi della fisica etc. erano lì, da sempre, ma toccava a l’uomo 1) renderle palesi usando un metodo più o meno chiaro che è quello scientifico, e 2) di farle far parte della sua cultura usando un metodo che molto meno chiaro. Solo quando si completa questo secondo passo la legge naturale diventa cultura e realtà vissuta. Quindi in un certo senso anche la realtà intorno a noi viene costruita.
3 – Già negli prima anni degli anni ottanta, si notava che la temperatura globale della Terra si stava innalzando. In un paper scientifico del 1981 il gruppo di James Hansen dimostrava con un modello climatico che questo aumento era consistente con l’aumento misurato della concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Con lo stesso modello climatico Hansen prevedeva gli impatti locali che adesso, quaranta anni dopo, si stanno verificando: siccità, ritiro del giaccio nel Artico etc.. Hansen descriveva perfino la necessità di ridurre l’uso del carbone, per evitare gli impatti climatici. (Hansen et al. Science, 213, 1981).
4 – Quando si parla di effetto serra, la serra è sempre la Terra intera.
5 – L’idea che stiamo sperimentando una trasformazione radicale e profonda come nel tempo di Galileo, è stato proposto dal filosofo francese Bruno Latour nel suo libro“Down to Earth, 2018)
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Laveno Mombello
21014
Italia